Riabilitazione comportamentale nei cani
Esiste la riabilitazione comportamentale? Ossia, è possibile che un cane cambi il suo modo di comportarsi?
Cambiare il comportamento è innanzitutto un percorso piuttosto complesso, non necessariamente lungo, nel quale entrano in funzione numerosi aspetti, non tutti facilmente identificabili e prevedibili.
Se pensi che il cane sia un animale “semplice”, che non richiede grandi sforzi per essere compreso nel suo funzionamento allora puoi anche terminare qua e risparmiarti il resto.
Intraprendere un percorso di riabilitazione comportamentale significa, in generale, lavorare sulla flessibilità cognitiva di un cane, ossia potenziare la sua capacità di mutare il suo comportamento al mutare degli eventi e delle condizioni.
Per la maggior parte della sua vita il cervello impara attraverso l’esperienza come proteggersi nel futuro dando particolare rilievo a tutto ciò che in passato ha significato pericolo, dolore, sofferenza, con l’obiettivo di poterlo prevedere e difendersi. Altrettanto impara dall’esperienza a identificare tutti i segnali che gli garantiscono benessere psico-fisico.
Quando un cane riconosce – i tempi sono molto rapidi ben prima della consapevolezza – situazioni/allert che preannunciano pericolo/minaccia si attiverà e metterà in atto comportamenti molto intensi che col passare del tempo, anche a causa del ripeterli, diverranno rigidi e difficilmente modificabili. All’esterno, cioè a noi che osserviamo, potrebbero apparire come fuori contesto, disfunzionali, pericolosi in generale eccessivi.
Quando il comportamento del cane diventa problematico
Si è portati in questi casi a intervenire per inibire il comportamento “problematico”, intensificando l’inibizione a seconda di quanto è intenso il comportamento sgradito o a seconda di quanto ci impatta emotivamente.
Quando il comportamento verrà inibito? Quando la nostra inibizione avrà creato una paura maggiore di quella iniziale che ha promosso il comportamento eccessivo.
Se il cane minaccia qualcuno (in genere la rabbia è sostenuta dalla paura) e io voglio che smetta posso procurargli una paura maggiore tanto da impedirgli di mettere in atto il comportamento per il quale sono intervenuto.
Quanto vale questo intervento? In termini di etici e di efficacia molto poco. Tralasciando gli aspetti etici, per i quali potremmo avere sensibilità diverse, in termini di efficacia tale intervento è estremamente labile. Perché? Perché nel momento in cui la mia inibizione verrà meno, perché non la metto in atto o perché perde nel tempo di intensità, il comportamento sgradito riprenderà. Se la mia inibizione non viene meno e resta intensa e costante avrò ripercussioni sul soggetto riconducibili all’ impotenza appresa.
Un diverso approccio educativo
Un altro modo di intervenire può essere quello di far esercitare il cane a non mettere in atto un dato comportamento premiando quelli che consideriamo positivi e da implementare. Questo tipo di training può anche rivelarsi efficace me tende a potenziare solo le capacità allenate ed è strettamente legato al contesto nel quale viene realizzato perché si poggia sulla memoria di lavoro. Mal si adatta infatti alla vita di tutti i giorni che è estremamente variabile e multifattoriale. Per cui un cane può imparare un comportamento a noi gradito attraverso degli esercizi ma il rischio è che non riesca a metterlo in atto nella vita reale quando l’impatto emotivo è molto intenso.
E’ possibile promuovere un cambiamento duraturo tale da essere più una dotazione del cane e non solo una correzione? Per ottenere un risultato del genere bisogna attuare una riabilitazione comportamentale che si prende in carico il “motore” del comportamento, ossia tutti gli aspetti, emotivi e cognitivi, che sostengono il comportamento sgradito. Identificare il quadro emotivo alla base del comportamento eccessivo è essenziale per interpretare il problema e per impostare la riabilitazione che avrà come primo obiettivo il cambiamento emozionale.
Se non aiuto il cane a slittare da un’emozione sgradevole verso un’altra emozione corrispondente ma opposta (quindi piacevole) attraverso dei bilanciamenti, il cambiamento comportamentale non potrà avvenire se non in modo superficiale, ossia in apparenza.
Se ho un cane che mette in atto comportamenti minacciosi perché arrabbiato il bilanciamento dovrà essere fatto tra la rabbia verso la fiducia. Se ho un cane spaventato il bilanciamento dovrà essere fatto dalla paura verso la curiosità e il coraggio. Così facendo avrò un cambiamento dell’intero sistema che naturalmente promuoverà comportamenti che rispecchiano le emozioni provate. Tale condizione di apertura e disponibilità renderà possibile il cambiamento anche cognitivo ossia l’idea che il cane ha di ciò che accade intorno a lui e che prima lo attivava in modo spiacevole.
Quando un cane è guidato dalla paura sarà portato anche interpretare ciò che accade dentro questa chiave producendo rappresentazioni legate al pericolo. Se un cane è guidato dalla curiosità e dalla fiducia ecco che il suo modo di interpretare e memorizzare quanto accade sarà di apertura e possibilità.
I bilanciamenti emozionali verso emozioni piacevoli si ottengono dentro climi relazionali a basso costo di stress, nei quali ci si sente al sicuro, compresi e valorizzati. Sono climi relazionali fortemente contagiati dal gioco, dalla creatività e dalla libertà espressiva, in modo che il cane possa sperimentarsi senza aver paura di essere corretto o sgridato rendendolo protagonista del suo cambiamento.
Come riusciamo a trasmettere questi aspetti ai nostri cani? Partendo da quelli che sono definiti i modulatori delle emozioni per tutti i mammiferi: occhi e pelle. Carezze, quando possibile, e sguardi d’affetto sono gli strumenti a nostra disposizione più potenti per connetterci con l’altro e permettergli di sentirsi al sicuro, questi sono di certo i punti di partenza.
Chiarissimo!
Grazie!