Spesso mi vengono rivolte domande del genere: “ Il mio cane può essere coinvolto negli Interventi Assistiti con Animali (pet therapy)?”
O anche: “ Quale razza è più adatta a svolgere questa attività” e ancora “Cosa deve saper fare?”.
Il cane co-terapeuta è un professionista, ma prima di essere tale è un individuo e questo non va dimenticato.
Non esiste una razza di cane co-terapeuta adatta a prescindere per questo ruolo, bensì un soggetto che ha fatto un percorso educativo che gli ha permesso di creare una relazione forte, stabile e sicura con il suo coadiutore, in quanto lo ha sostenuto, protetto e spinto nel mondo umano per arricchire il suo bagaglio di esperienze.
Ci può essere una razza che è più coinvolgibile di un’altra, ma sono le caratteristiche individuali che contano.
Chi è il mio cane? Quali sono le sue motivazioni? Cosa gli piace fare? Come gli piace giocare?
La risposta a queste domande mi permette di conoscerlo e poter soddisfare le sue esigenze etologiche e motivazionali per portarlo alla complicità, alla collaborazione e mantenerlo contemporaneamente in una stato di benessere psicofisico.
Per la formazione del cane co-terapeuta è fondamentale l’educazione di base che deve mirare a formare un soggetto equilibrato, con flessibilità cognitiva, capacità di autocontrollo, deve avere interiorizzato corretti processi di attaccamento e socializzazione perché il fine ultimo del percorso è avere un cane con la mente aperta e una buona capacità di adattamento.
Il coadiutore deve essere per il cane un punto di riferimento, non deve sostituirsi a lui, ma guidarlo a risolvere autonomamente i problemi, sostenerlo nei processi cognitivi, motivarlo e farlo sentire capace affinché sappia trovare da solo la soluzione davanti a eventuali situazioni sconosciute.
L’obiettivo della educazione di un cane co-terapeuta è quello di avere un individuo fiducioso, aperto, curioso, prosociale.
Per arrivare a questo ci si deve muovere attraverso le motivazione del cane che abbiamo davanti, le sue emozioni e il livello di arousal, cioè conoscerlo profondamente per soddisfarlo nelle sue esigenze etologiche.
Il disagio motivazionale del cane non è compatibile con il suo benessere psicofisico e quello che vogliamo è sfruttare l’interesse e l’attrazione (vedi K. Lorenz, E.O. Wilson, Lévi-Strauss) che gli animali esercitano sull’uomo a nostro beneficio, ma nel loro pieno rispetto.