Chi maltratta i cani spesso non ne è consapevole
Si sta parlando tanto nell’ultimo periodo, anche per via di trasmissioni televisive che hanno trattato l’argomento, di maltrattamento degli animali domestici che vivono nelle nostre case come i cani.
Quando si parla di maltrattamento è facile che il pensiero vada a forme di violenza fisica, a cani tenuti alla catena, isolati socialmente, denutriti e abbandonati. Nelle trasmissioni televisive si inizia a parlare anche di “nuove” forme di violenza: di cuccioli vittime di viaggi dall’est Europa, di maltrattamento genetico, tutte forme che i professionisti conoscono bene ma sulle quali bisogna sensibilizzare l’opinione degli acquirenti. La scienza ci dice che queste sono forme molto gravi di maltrattamento che possono lasciare segni indelebili nella psiche e nel corpo dei nostri animali manifestandosi con comportamenti problematici e di difficile gestione per le famiglie durante tutto l’arco della vita de cane.
Quelle sopra elencate sono le uniche forme di maltrattamento che i nostri cani possono subire?
La mia professione mi dice che purtroppo non sono le uniche ma ve ne sono tante altre, non meno gravi, ma di certo più subdole, perché possono passare inosservate anche a chi le esercita. I maltrattatori non sempre sono persone spietate che vogliono arricchirsi sulla pelle dei cani, oppure insensibili energumeni che picchiano e affamano i cani.
In alcuni casi i maltrattatori possono essere comuni proprietari inconsapevoli che il più delle volte pensano di fare il bene per i cani e per se stessi, vediamo come.
Forme di maltrattamento: qualche esempio
Una forma di maltrattamento spesso sottovalutata è la trascuratezza che spesso i cani subiscono. Vi sono diversi tipi di trascuratezza: oltre non soddisfare i bisogni primari del cane come non curare l’alimentazione, l’igiene o salute, vi è però anche una trascuratezza che riguarda i bisogni emotivi del soggetto.
Questo tipo di maltrattamento viene messo in atto dai Conviventi Umani quando questi non riescono a svolgere la loro funzione di figure di protezione, ignorando gli stati emotivi del cane, non rassicurandolo nel momento del bisogno, esponendolo alle esperienze senza un adeguato sostegno.
Penso a tutti i proprietari che ignorano, volutamente o meno, gli stati emozionali del cane pensando che sia la giusta strategia per ottenere un comportamento “giusto” da parte sua. Penso ai consigli di ignorare il cane quando viene lasciato solo prima di uscire o al ricongiungimento, penso ai cani che vengono ignorati se piangono di notte e volutamente lasciati a piangere in attesa che si rassegnino. Quello che a volte raggiungono con queste strategie non è la capacità di dormire in bagno o in cucina in solitudine, quanto la rassegnazione che nessuno risponderà alla loro disperazione.
Penso ai cani che partecipano a incontri sociali con altri cani dove si sentono invasi e bullizzati senza che nessuno li aiuti “perché tanto i cani se la cavano tra di loro”. Imparano così che la vita richiede che si difendano da soli catapultandoli in paure senza uscita.
Ancora, cani socialmente spaventati dalle persone, che forzatamente vengono portati in luoghi sovraffollati in nome dell’adeguata socializzazione senza che nessuno si preoccupi di come si stanno vivendo quel momento al di là di cosa manifestano.
Non tanto queste esperienze mal fatte quanto la relazione che ignora, non cura, che è disimpegnata, pone le basi perché si incrini l’autostima del cane o non si formi per poi spalancare le porte ai disturbi del comportamento su una personalità ormai vulnerabile.
Ha poco senso riuscire a far fare una determinata esperienza al cane, magari particolarmente difficoltosa per lui, se non lo si libera da una relazione che lo costringe a passare inosservato, perché anche loro, come noi, riconoscono il proprio valore e costruiscono la propria autostima da ciò che gli comunicano gli altri, per come gli altri si pongono nei loro confronti. Errore è cercare di liberarli da questo dialogo, mirando a una forma di autonomia basata sul “farcela da soli” perché nessun mammifero viene al mondo per farcela da solo.
I maltrattamenti sui cani più piccoli: l’iperaccudimento
Un’altra forma di maltrattamento viene esercitata in particolare su razze che prevedono cani piccoli, a volte piccolissimi.
Alcune persone sono fortemente affascinate dall’estetica miniature di cani così piccoli ma chi decide di adottarli spesso è condotto da un forte bisogno di prendersi cura di esserini che nonostante il passare del tempo resteranno di dimensioni molto ridotte.
Altre persone sono condotte alla scelta di queste tipologie di razze perché hanno la convinzione che essendo di dimensioni ridotte avranno anche bisogni ridotti e di conseguenza anche l’impegno da parte loro sarà ridotto. Questi due aspetti, ossia il bisogno di prendersi cura e l’impegno ridotto sono palesemente in dicotomia, nonostante ciò, non è raro possano convivere nel medesimo individuo. E’ frequente, infatti, che un proprietario senta il bisogno di accudire il cane in tutti gli aspetti che si svolgono all’interno della casa tenendo il cane al riparo dai pericoli esterni, impedendogli in questo caso di uscire, avere un contatto col mondo fisico e sociale che si snocciola al di fuori di quello famigliare e domestico.
Queste forme di protezione non è raro che possano sfociare in forme di iperaccudimento, dove risulta ipertrofico tutto l’aspetto di forte intimità all’interno della relazione cane-convivente umano con eccessivo contatto fisico e/o psicologico che impedisce al cane di fare esperienze dirette soprattutto esplorative e sociali.
I proprietari in questo caso divengono controllanti ed eccessivamente invadenti tanto da essere loro stessi un grande fattore di vulnerabilità del cane. Da un punto di vista prettamente relazionale parrebbe che la relazione, al pari delle dimensioni del cane, non seguisse una sana maturazione per cui il cane agli occhi del proprietario permanesse in una condizione di eterno cucciolo bisognoso di essere protetto.
L’iperprotezione potrebbe, e a mio giudizio dovrebbe, essere considerata una delle forme di maltrattamento tra le più subdole perché mascherata da grande trasporto affettivo. Privare un cane delle esperienze impedisce la maturazione dei suoi circuiti neurobiologici, facendo deviare le traiettorie di sviluppo aumentando esponenzialmente la probabilità di questi cani di sviluppare durante tutto l’arco della vita disturbi del comportamento. Tenuti in casa, costretti a sporcare su traversine o similari, alimentati spesso in modo “eccentrico”, incapaci di strutturare relazioni equilibrate, non è raro che questi cani siano fortemente ansiosi, predisposti a sviluppare fobie e incapaci di gestire le proprie emozioni e di conseguenza il proprio comportamento.
I proprietari anche in questo caso non hanno l’aspetto dei maltrattatori, anzi sono spesso inconsapevoli e mossi dalla convinzione di fare il bene del cane. Alla base, oltre a una cultura cinofila scadente, sono mossi da emozioni di paura che possa accadere qualcosa di spiacevole al cane se non adeguatamente protetto da loro.
L’importanza della prevenzione e del riconoscimento precoce dei maltrattamenti
Risulta indispensabile da parte degli educatori cinofili un’opera di prevenzione rispetto a queste condizioni quando le famiglie si rivolgono a loro anche se con richieste bizzarre come “come faccio a insegnare al cane a non sporcare fuori dalla traversa?”. Riconoscere immediatamente i primi segnali di iperaccudimento e cercare di trattarli non con atto giudicante e con proposte che si discostano troppo dalle credenze del proprietario indurranno questo a non allontanarsi dall’educatore perché eccessivamente distante dalle proprie aspettative col rischio di togliere al cane la possibilità di essere messo al riparo da una vita deprivante.
I professionisti invece che arrivano a disturbo già presente spetta il compito di comprenderne l’origine relazionale sapendo anche che ripristinare le condizioni di benessere come uscite regolari e socializzazione, se arrivano tardivamente, non saranno sufficienti a ripristinare la condizione di salute del cane ormai compromessa. Riconoscendone l’origine dovranno però affrontare il disturbo così come si è strutturato nel tempo comprendendo quanto la relazione e in particolare la relazione famigliare possa incidere strutturalmente sugli individui tanto da predisporli o meno ad ammalarsi. Ecco perché curiamo le patologie prendendoci cura delle relazioni famigliari che i cani intrecciano con le loro famiglie, perché sono il primo e più potente fattore di vulnerabilità come di resilienza.